Nel nostro ordinamento esiste dal 2014 (art. 336 bis cod. civ. inserito dal D. Lgs. 28 dicembre 2013, n. 154 con decorrenza dal 07/02/2014.) il principio dell’ascolto del minore che abbia compiuto i dodici anni all’interno dei procedimenti che lo vedono coinvolto.
Da quando è stato inserito nel codice civile esso ha trovato conferma costante nella nostra giurisprudenza, la Suprema Corte di Cassazione (Sentenza n. 26187/2018) ha, infatti ricordato che: \”il diritto di essere ascoltato\” è un \”diritto assoluto del minore\”, ultradodicenne o infradodicenne capace di discernimento, e costituisce una modalità tra le più rilevanti di riconoscimento del suo diritto fondamentale ad essere informato e ad esprimere le proprie opinioni nei procedimenti giudiziari che lo riguardano, nonché elemento di primaria importanza nella valutazione dell\’interesse del fanciullo al suo sviluppo armonico psichico, fisico e relazionale (Cass. n. 6129 del 26/03/2015; Cass. n. 12018 del 07/05/2019): l\’ascolto consente, invero, la partecipazione diretta del minore stesso al giudizio, sia quando questi sia \”parte in senso sostanziale\” (Cass. n. 5237 del 5/3/2014).
Ebbene, nulla di più giusto che il minore venga considerato soggetto e non oggetto di diritto ed è anche vero che l’ascolto del minore può certamente rappresentare uno strumento utile per il Giudice per comprendere meglio le dinamiche e le relazioni familiari e un mezzo di tutela degli interessi del minore.
Ma cosa accade quando il soggetto minore è sottoposto alla manipolazione perpetrata da soggetto narcisista o, comunque, da un genitore manipolatore?. E ancora, cosa accade quando vi siano nella famiglia uno o più fratelli ma solo il maggiore, per aver compiuto dodici anni, possa e debba essere ascoltato?
In tal caso se l’ascolto non è condotto con la migliore arte psicologica le storture e i gravissimi danni che esso può cagionare sono alle volte irreversibili.
Accade spesso, infatti, che ove il genitore manipolatore abbia sentore dell’approssimarsi dell’udienza di ascolto (o dell’avvio di un giudizio di separazione o divorzio) o magari abbia predisposto questi stessi una strategia perché il figlio possa essere ascoltato, inizia una triste manovra di avvicinamento e raggiro del bambino. Potreste, quindi, osservare, che il genitore manipolatore cominci ad organizzare con i figli improvvise uscite al cinema, quando magari fino a poco prima non aveva neppure tempo salutarli, potreste assistere a scampagnate insieme, promesse di regali, promesse di vite felici in case ideali che saranno costruite apposta per loro dopo la separazione.
Quasi sempre, ovviamente, le strategiche promesse non sono fondate sulla reale volontà di un recupero affettivo ma sulle mire personali del genitore manipolatore e il bambino potrebbe così trovarsi doppiamente tradito: tradito nelle aspettative, tradito per aver voltato le spalle all’altro genitore.
Il dramma del ragazzo che scopre, a posteriori, di aver dettato la “regola sbagliata” e di aver creato inutili sofferenze è grande e non facilmente rimediabile così come non è, nel breve termine, spesso rimediabile il tipo di affido che su tale ascolto si sia impropriamente fondato. Il danno è ancor più grave e profondo ove i fratelli maggiori, con le loro dichiarazioni, dettino la regole anche per i fratelli minori. Ciò accade quando i Giudici per indagare le dinamiche familiari si accontentino – almeno inizialmente – delle dichiarazioni dei fratelli “grandi” e non si affrettino, invece, a disporre una consulenza tecnica sul “miglior affido”.
E’ del resto assai complesso smascherare, tramite ascolto, l’eventuale manipolazione in atto del minore, soprattutto ove “ben praticata” dal genitore interessato. Ciò perché l’ambito nel quale l’ascolto avviene, in udienza come detto, la velocità dell’ascolto (alle volte anche pochi minuti tra una udienza e l’altra) l’impossibilità per gli psicologi, allorché presenti in aula previa convocazione del Giudice, di una adeguata conoscenza della storia e delle dinamiche familiari pregresse, rende tale attività – così realizzata – di scarso approfondimento e conseguentemente dubbia utilità. A mio avviso un ascolto davvero utile dovrebbe basarsi sulla reale comprensione delle esigenze del ragazzo che difficilmente può essere fondata sulle scarne e veloci dichiarazioni espresse in aula. Tali dichiarazioni, tra l’altro, possono essere dettate dalla paura del ragazzo di sbagliare e dover poi rendere conto al genitore più incalzante, da possibili conflitti di lealtà e, certamente, anche dalla emozione unita alla difficoltà emotiva del momento. Non scordiamoci che il bambino sta subendo la separazione dei propri genitori.
Ritengo, dunque, l’ascolto, effettuato nella descritta modalità, spesso inidoneo a comprendere i reali bisogni del ragazzo e anzi esso diventa persino dannoso quando il fratello maggiore, con le sue dichiarazioni, indirizzi il Giudice verso affidi che non riguardano solo questi ma anche i fratellini minori.
Il mio consiglio giuridico è richiedere, ove ciò sia possibile, una consulenza d’ufficio che è uno strumento molto valido e difficilmente manipolabile stante i soggetti qualificati che vi partecipano.
Il consiglio pratico, invece, qual è?
Se siete in procinto di affrontare una separazione (come coppia sposata o non) e siete ormai decisi, non attendete a lungo, cercate di non dare spazio organizzativo al narcisista e, quanto più possibile, non esternate le vostre idee se non siete pronti ad agire. Al contempo se la manipolazione sui figli è già in atto, parlate loro apertamente non, com’è ovvio, per contromanipolare in vostro favore, ma per rasserenarli che starete sempre a loro fianco e che non perderanno il vostro appoggio, indipendentemente dalla decisione che vorranno prendere. Se assistete a scene o promesse paradossali e inverosimili, studiate apposta per impressionare i bambini, cercate di ripristinare la realtà.
Se credete che il bambino abbia bisogno di aiuto proponete all’altro genitore di aprire un percorso di sostegno in loro favore.