LA MANCATA ASSEGNAZIONE DELLA CASA CONIUGALE
Cosa accade alla casa coniugale in caso di separazione? Quanto incide la proprietà del bene di ciascuno sull’assegnazione dell’immobile ? Ma, soprattutto, qui ci poniamo il problema, poco affrontato, di cosa accada laddove la casa coniugale non venga assegnata ad alcuno dei richiedenti. Ciò succede nelle ipotesi nelle quali il coniuge affidatario dei figli non vi rimanga ad abitare. Il problema è annoso allorché l’altro coniuge vi rimanga a vivere in assenza di un provvedimento di assegnazione.
L’interesse che orienta il provvedimento di assegnazione
Alcune opportune, ma sintetiche, premesse prima di esaminare il problema che qui, oggi, trattiamo.
Lo scopo dell’assegnazione della casa coniugale è, generalmente, tutelare la prole consentendo ai figli di rimanere nella casa di famiglia affinché gli stessi possano conservare le loro abitudini di vita
Sul punto la giurisprudenza è ampia.
Ex multis si veda:
- Corte di Cassazione Civile n. 3302 del 12-02-2018. Il provvedimento di assegnazione della casa familiare (…) è volto a tutelare esclusivamente l’interesse della prole a permanere nell’ambiente domestico in cui è cresciuta (Corte cass. Sez. 1, Sentenza n. 1545 del 26/01/2006; id. Sez. 1, Sentenza n. 16398 del 24/07/2007; id. Sez. 1, Sentenza n. 1491 del 21/01/2011; id. Sez. 1, Sentenza n. 9079 del 20/04/2011; id. Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 19347 del 29/09/2016), sicché il provvedimento in questione implica l’accertamento che l’immobile si identifica con “il luogo degli affetti, degli interessi, e delle abitudini in cui si esprime la vita familiare e si svolge la continuità delle relazioni domestiche, centro di aggregazione e di unificazione dei componenti del nucleo, complesso di beni funzionalmente organizzati per assicurare l’esistenza della comunità familiare” (cfr. Corte Cass. SS.UU. n. 13603/2004cit.).
In una coppia senza figli la casa, generalmente, non viene assegnata ad alcuno degli eventuali richiedenti.
Sul punto si veda:
- Corte di Cass. civ. Sez. I, n. 16398/2007. Tale orientamento è stato ribadito anche dalle sezioni unite di questa Corte con la sentenza 28 ottobre 1995, n. 11297, che pur riguardando specificamente il tema dell\’ assegnazione della casa coniugale in materia di divorzio, ha ribadito la precedente interpretazione dell\’art. 155 c.c., comma 4 (in materia di separazione ) e la sua ratio costituita dalla tutela dei figli. Tale interpretazione è stata fatta propria anche dalla Corte Costituzionale con la sentenza 27 luglio 1989, n. 454 ed è stata ribadita, più di recente, facendovi riferimento nella motivazione, dalla sentenza delle sezioni unite 21 luglio 2004, n. 13603 e successivamente da Cass. 4 maggio 2005, n. 9253 L’assegnazione non può essere quindi disposta dal giudice, in assenza di figli, per sopperire alle esigenze economiche del coniuge più debole, in sostituzione dell’assegno di mantenimento, non avendo una funzione assistenziale (Corte di Cassazione 22 marzo 2007 n. 6979).
Il diritto di assegnazione si perderà, infatti, nell’ipotesi in cui i figli raggiungano l’indipendenza economica allontanandosi dall’immobile o se il genitore assegnatario della casa, decida di trasferirsi altrove con i figli.
Il diritto al godimento dell’immobile in comproprietà in caso di omessa assegnazione del bene
Chiarito quanto sopra si esamini, ora, cosa accade nell’ipotesi in cui sia omessa l’assegnazione del bene in oggetto ove il bene sia in comproprietà dei coniugi (ipotesi che può ricorrere nel caso in cui il coniuge affidatario dei figli si sia allontanato dalla casa coniugale preferendo vivere altrove).
La mancata assegnazione della casa familiare ad alcuno dei richiedenti impone che il bene sia considerato – ad ogni effetto di legge – come ricadente nel regime di comproprietà dei comunisti e, dunque , oggetto della disciplina della comunione ordinaria.
E’ principio noto che i comunisti abbiano diritto di godere ciascuno per la propria parte dei beni immobili in comproprietà. Sorge, allora, il diritto per il comproprietario che sia rimasto sprovvisto del diritto di godere l’immobile, di ottenere una indennità.
Si richiamano, in proposito, le sentenze della Corte di Cassazione.
- Cass. civ., sez. II, 5 settembre 2013, n. 20394: “in materia di comunione del diritto di proprietà, allorché per la natura del bene o per qualunque altra circostanza non sia possibile un godimento diretto tale da consentire a ciascun partecipante alla comunione di fare parimenti uso della cosa comune, secondo quanto prescrive l\’art. 1102 c.c., i comproprietari possono deliberarne l\’uso indiretto. Tuttavia, prima e indipendentemente da ciò, nel caso in cui la cosa comune sia potenzialmente fruttifera, il comproprietario che durante il periodo di comunione abbia goduto l\’intero bene da solo senza un titolo che giustificasse l\’esclusione degli altri partecipanti alla comunione, deve corrispondere a questi ultimi, quale ristoro per la privazione dell\’utilizzazione pro quota del bene comune e dei relativi profitti, i frutti civili, con riferimento ai prezzi di mercato correnti, frutti che, identificandosi con il corrispettivo del godimento dell\’immobileche si sarebbe potuto concedere ad altri, possono – solo in mancanza di altri più idonei criteri di valutazione – essere individuati nei canoni di locazione percepibili per l\’immobile”.
- Cassazione Civile, Sez. II (Sent.), 30.03.2012, n. 5156: In tema di comunione, l\’occupazione del comproprietario dell\’intero bene, attraverso la sua destinazione ad uso personale esclusivo, integra certamente una situazione di fatto che impedisce all\’altro comproprietario il godimento dei frutti civili sull\’immobile, con conseguente diritto ad una indennità corrispondente.
- Cassazione Civile, Sez. II, 12.05.2010 n. 11486: In materia di comunione, il comproprietario che non venga messo, nonostante la richiesta formulata, nelle condizioni di godere per la sua quota del bene comune ex art. 1102 c.c. da parte del possessore, ha diritto ad essere indennizzato per la compressione del suo diritto. Laddove sia provata l\’utilizzazione da parte di uno dei comunisti della cosa comune in via esclusiva in modo da impedirne l\’uso, anche potenziale, agli altri comproprietari, il danno deve ritenersi \”in re ipsa\”.
Con specifico riferimento alla ipotesi di occupazione della casa coniugale da parte di un coniuge comproprietario, senza un apposito provvedimento di assegnazione, ecco che possono soccorrere i seguenti principi di giurisprudenza:
- Cassazione Civile n. 19488/2015. L’ex coniuge che abbia occupato senza titolo la casa (già adibita ad abitazione familiare) di cui è comproprietario con l’altro coniuge, deve rilasciarla e pagare un’indennità per l’occupazione.: ….Visto anche il rapporto coniugale infranto che stava alla base della vicenda e che rende quasi grottesca la tesi secondo cui sarebbe stato addebitabile all’altro coniuge il comportamento omissivo, cioè non aver preteso di dividere – evidentemente coabitando – gli esigui spazi abitativi (la 1sentenza riferisce che trattasi di 100 mq con una sola cucina e un solo bagno)- …Il convenuto ha travalicato le facoltà di cui all’art.1102 c.c.c impedendo con la sua condotta all’ex coniuge di far parimenti uso del bene. Chiedere lo scioglimento o la divisione non avrebbe fatto venir meno la situazione di detenzione esclusiva, fino all’esito del giudizio. Tale tipo di giudizio poteva e doveva essere intrapreso, come ha fatto proprio da chi si trovava nella posizione di uso esclusivo, anche per liberarsi dell’eventuale obbligo indennitario.
Ebbene, di recente il Tribunale di Roma ha emesso la Sentenza n. 21975/2019 con la quale ha statuito che: “… in pendenza della decisione del giudice della separazione in ordine alle questioni di natura patrimoniale e personale, il comportamento del convenuto non potesse qualificarsi come antigiuridico: con l’emissione del provvedimento presidenziale nel quale non vi è stata assegnazione della casa coniugale, deve ritenersi che si siano compiutamente avverati tutti i presupposti dell’illegittimo uso esclusivo del bene in comproprietà” confermando, in tali ipotesi, un diritto all’indennità del coniuge rimasto escluso dal godimento del bene.
Appare confermato, pertanto, il principio di diritto secondo il quale in mancanza di un provvedimento di assegnazione il coniuge comproprietario che non possa godere del bene abbia diritto ad una indennità in suo favore.