“Si ma lui dice che…”

L’importanza di un ascolto e di una accoglienza particolare verso le vittime di violenza psicologica

Nei procedimenti che riguardano i reati di maltrattamenti, l’ascolto e l’accoglienza delle vittime sono spesso complicati dal grave percorso e dai prolungati soprusi che le donne hanno subìto.

Quando le vittime trovano il coraggio di attivare una tutela legale – all’esito di un lungo vissuto di abusi psicologici – esse sono state, infatti, violate, umiliate e lese nella loro dignità e nella loro verità. Questo determina una drammatica perdita di fiducia non solo nella loro forza di reagire ma nella possibilità stessa di ottenere un aiuto concreto e, in definitiva, di ottenere giustizia.

Non bisogna mai dimenticare che la violenza psicologica, messa in atto dal manipolatore per controllare e dominare la sua partner, è attuata instillando nella donna la paura, minandone l’autostima alla base e compromettendone la percezione stessa della propria identità. Secondo la psichiatra Judith Herman gli effetti dei maltrattamenti familiari sono simili, addirittura, agli effetti causati da altre situazioni traumatizzanti come i disastri naturali, le guerre i sequestri di persona. E’ evidente, allora, il grave perturbamento psichico e la prostrazione delle vittime che – con le loro ultime forze – giungono a chiedere aiuto.

Pertanto l’accoglienza deve essere basata su una particolare empatia e su un ascolto attivo finalizzato a “neutralizzare” gli anni di vessazioni subìte e le (infondate) convinzioni introdotte a forza nella mente delle vittime.

Mi capita spesso, quando spiego alle donne abusate i loro diritti e come funzionano le leggi a loro tutela (l’affido dei minori, l’assegnazione della casa coniugale, il versamento del mantenimento), che loro non riescano a fidarsi nell’immediato delle spiegazioni fornite e oppongano con insistenza un netto: “Sì, ma lui dice che…”.  Sono molto ricorrenti affermazioni del genere: “sì, ma lui dice che mi toglierà i figli” o “sì, ma lui dice che mi lascerà a terra economicamente” o “sì, ma lui dice che ha conoscenze in Tribunale e io non potrò mai vincere…”. “sì, ma lui dice che farà capire ai Giudici che la pazza sono io…” e altre simili.

Judith Herman ha chiarito che tra gli effetti della prolungata esposizione a maltrattamenti vi sono alterazioni nella percezione del colpevole tra cui :

  1. Preoccupazione per la relazione con il colpevole (include preoccupazione con vendetta) (sì, ma lui dice che mi toglierà i bambini, sì ma dice che farà del male ai figli per colpire me)
  2. Attribuzione irrealistica del potere totale al colpevole ( ma lui diche che ha conoscenze in Tribunale…)
  3. Idealizzazione o gratitudine paradossale (“sì, ma lui era bravo”)
  4. Sensazione di relazione speciale o soprannaturale (sì, ma lui dice che io e lui eravamo una coppia speciale.”)
  5. Accettazione del sistema di convinzioni o razionalizzazioni del colpevole (“sì ma lui dice che dare ceffoni a bambini era solo educativo…”

(Herman JL. Guarire dal trauma: affrontare le conseguenze della violenza, dall’abuso domestico al terrorismo. Roma (2005). Aggiunte meramente esemplificative nelle parentesi in corsivo aggiunte dalla scrivente, tratte e rielaborate da casi reali.

Sebbene il sostegno e il supporto psicologico non siano il compito di un legale, e nei fatti vi sia l’assoluto bisogno, quando si accolgono questi casi, di coordinarsi con un terapeuta esperto di tali dinamiche, è altresì auspicabile che il legale abbia una conoscenza di base di quanto succede nella sfera emotiva della vittima, per poter gestire il caso con la necessaria delicatezza, empatia e, in ultimo, efficacia comunicativa.

Infatti, quando ci si trova di fronte a risposte che appaiono illogiche e che possono manifestare una resistenza anomala ai chiarimenti che vengono offerti, bisogna comprendere che ci si può ritrovare in una delle condizioni causate dal trauma, ovvero l’idealizzazione paradossale del colpevole, o l’attribuzione irrealistica del potere totale al colpevole, oppure l’accettazione del sistema delle sue convinzioni.

Allora sarà ancora più importante spiegare alle vittime di abuso quale è la realtà giuridica dietro alle menzogne dalle quali sono state offuscate e con le quali sono state manipolate, e illustrare con pazienza e chiarezza quali sono i loro diritti restituendo fiducia nelle Istituzioni e in loro stesse.

Con le vittime di violenza psicologica, più che mai, ritengo importante offrire spiegazioni maggiormente dettagliate – sia pure ovviamente illustrate in modo semplice ed esplicativo – della normativa che le tutela per far comprendere che esistono strumenti di aiuto effettivo. Soprattutto bisogna far capire che le menzogne e le minacce dalle quali sono state investite non troveranno spazio in Tribunale.

In conclusione, bisogna far comprendere che le cose che “lui dice che…” rimangono affermazioni vigliacche di questi manipolatori, convinzione fasulle create ad arte da loro per manipolarle ed inserite a forza nella loro mente, impronte lasciate sulla loro pelle che, però, non corrispondono alla verità.

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