Le mille forme dei maltrattamenti familiari

Che forma può avere un maltrattamento familiare?

I reati che rientrano nei maltrattamenti in famiglia sono solo quelli che comprendono le violenze fisiche?

No. Ricordiamo sempre che nel concetto di violenza rientra ormai, a pieno titolo, anche la violenza psicologica e questo tipo di aggressività può essere declinata in diverse forme.

Anche la Corte di Cassazione è di recente intervenuta nella problematica e con la sentenza numero 6937/2023, ha dichiarato essere ricompresa, nel reato suddetto, ogni condotta riconducibile ad un comportamento vessatorio e fortemente impositivo nei confronti della vittima che, nel caso esaminato, era sottoposta anche a violente imposizioni al risparmio economico.La sentenza nasce, infatti, dalla condanna in appello di un marito che aveva – tra l’altro – tenuto delle condotte controllanti finalizzate a imporre alla consorte uno stile di vita oculato e parsimonioso sino all’eccesso. E’ interessante leggere, all’interno della sentenza, la tipologia di condotte afflittive cui era sottoposta la donna : “un campionario di comportamenti davvero singolare sulle modalità di risparmio domestico alle quali, peraltro in mancanza di necessità impellenti poiché entrambi i coniugi avevano un lavoro e uno stipendio, l’imputato intendeva sottomettere la persona offesa, come la scelta dei negozi in cui fare la spesa (che potevano essere solo quelli notoriamente a costo contenuto); le caratteristiche dei prodotti (che non potevano essere di marca e dovevano essere prodotti in offerta) sia per la casa che per l’abbigliamento, comportamenti accompagnati da modalità di controllo particolarmente occhiute e afflittive, tanto che la B.B. era costretta a buttare via gli scontrini; a nascondere gli acquisti; a lasciare la spesa a casa dei genitori; a chiedere alle amiche di dire che le avevano regalato qualcosa che aveva acquistato”.

La Corte Suprema ha, quindi, ritenuto che le restrizioni del coniuge si fossero trasformate in vere e proprie condotte vessatorie con l’utilizzo di una modalità sopraffazione che ha imposto alla vittima uno:stile di vita contraddistinto da condotte di denigrazione, mortificazioni, ingiurie – oltre al clima di isolamento sociale alla quale l’aveva progressivamente ridotta”

Tra l’altro, nel corso del giudizio, è rimasto accertato che, proprio a causa delle violenze patite, si è verificato uncambiamento nella personalità della donnasfociato in un disturbo post traumatico da stress con intenti suicidari della stessa. Ecco di nuovo le parole della Corte “ … da donna solare, in salute e aperta al futuro, in esito alla convivenza con il marito, sia divenuta persona isolata, abbia perso le autonomie personali riducendosi progressivamente a persona affetta da disturbo post traumatico da stress, con momenti di aperta angoscia e idee suicidali.”.

Pertanto, la Corte, ha così concluso: Nel caso in esame, correttamente i comportamenti dell’imputato, riguardati sia sotto l’aspetto oggettivo che soggettivo, sono stati sussunti nel reato di maltrattamenti perchè le condotte seriali tenute denotano a chiare lettere sia l’abitualità che un comportamento impositivo del proprio volere realizzato sia con atti o parole che offendono il decoro e la dignità della persona (le descritte ingiurie e contumelie rivolte alla persona offesa ma anche i commenti tesi a sminuirla come donna, come madre e come medico), aggressivi (si pensi allo scuotimento, allo strattonamento, al tirarle le guance urlando), e attraverso un sistema di vere e proprie proibizioni capaci di produrre sensazioni dolorose ancorchè tali da non lasciare traccia e che si sono risolte in un sistema di sofferenze lesivo del patrimonio morale del soggetto passivo e che hanno reso abitualmente dolorose le relazioni familiari determinando uno stato di avvilimento e frustrazione.

Le parole in commento sono illuminanti al fine di evidenziare – ancora una volta – che non sono solo le percosse a lasciare sensazioni dolorose. Anche le violenze che non lasciano traccia sulla pelle, creano, infatti, patimenti e dolori che possono addirittura porre a repentaglio la vita stessa della vittima, portandola sino ad idee suicidare. E’ interessante, sul punto, anche l’esame del declino piscologico della persona offesa dal reato che si rintraccia all’interno della sentenza: la donna da “solare, in salute e aperta al futuro” in esito alla convivenza con il marito, è divenuta persona isolata, senza autonomie personali riducendosi progressivamente a persona affetta da disturbo post traumatico. L’ottimo esame della Corte di Cassazione consente, ancora una volta, di evidenziare e ribadire i gravi pericoli che si annidano dietro alla prolungata esposizione a condotte di abuso psicologico, che al pari della violenza fisica, possono oggi essere denunciate.

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